Applicazione dei dazi antidumping con effetto retroattivo. La Commissione europea ha istituito ieri 16 gennaio un dazio antidumping contro le importazioni di eritritolo originario della Repubblica popolare cinese, ordinandone la riscossione retroattiva a far data dalla registrazione delle importazioni, il 7 giugno 2024, ossia un mese e undici giorni prima del 18 luglio 2024, data di entrata in vigore dei dazi provvisori.
I dazi antidumping imposti dalla Commissione europea sono molto elevati, variando dal 34,4% sino al 233,3%. Il regolamento adottato dalla Commissione europea ha accertato che le importazioni in dumping dalla Cina stavano danneggiando gravemente l’industria dell’Unione europea, la quale ha subito perdite a due cifre ed è stata costretta quasi a interrompere la produzione di eritritolo. Al di là della specifica rilevanza economica del caso, esso riveste una fondamentale importanza trattandosi del secondo precedente nella storia del diritto dell’Unione in cui i dazi sono stati riscossi con efficacia retroattiva, prima della riscossione cioè dei dazi provvisori (l’unico precedente, di quasi nove anni fa, ha riguardato le importazioni di coils laminati a freddo dalla Cina e dalla Russia).
Nel caso in esame, la Commissione europea ha stabilito che gli importatori fossero, o avrebbero dovuto essere, informati delle pratiche di dumping poste in essere dagli esportatori cinesi e del pregiudizio già dalla data di apertura dell’inchiesta. Inoltre, essa ha riscontrato che si è verificato un sostanziale aumento del volume delle importazioni successivamente all’apertura dell’inchiesta antidumping, tale da compromettere l’effetto del dazio antidumping. La Commissione ha così concluso che sussistessero le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 4, del regolamento di base per l’applicazione retroattiva del dazio antidumping definitivo.
Questa decisione, di grande importanza per gli importatori europei, costituisce un importante punto di riferimento in materia di applicazione del dazio antidumping. Essa infatti, da un lato, ribadisce l’approccio sempre più rigoroso e intransigente della Commissione europea quando si tratta di colpire le importazioni effettuate in dumping dagli esportatori dei Paesi terzi; e, dall’altro, aggiunge un altro fattore di elevato rischio per gli importatori che soltanto alla fine di un’indagine antidumping - all’atto cioè dell’adozione delle misure definitive - potrebbero scoprire di dover pagare dazi antidumping in relazione a prodotti immessi in libera pratica fino a novanta giorni prima della riscossione dei dazi provvisorie e nel frattempo come d’accordo già venduti ai loro clienti.
Per tornare alla sezione articoli