Il settore italiano delle opere d’arte attende una importante riduzione dell’Iva applicabile alle transazioni nazionali ed internazionali per poter competere con gli altri Stati membri che risultano avvantaggiati dall’applicazione di aliquote super ridotte.
A dire il vero il predetto alleggerimento è stato previsto in modo esplicito dalla delega fiscale (L 111/2023) che, però, in materia Iva è ancora lettera morta a causa degli effetti che avrebbe sul gettito nazionale. In particolare, l’art. 7, comma 1, lettera e) della L 111/2023 prevede espressamente che il legislatore è delegato ad introdurre delle modifiche alla legislazione corrente allo scopo di prevedere delle regole che:
• riducano l’aliquota Iva all’importazione di opere d’arte;
• estendono l’aliquota ridotta a tutte le cessioni interne di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione.
Queste misure devono essere prese dal nostro legislatore anche in relazione ai principi esposti in materia di aliquote ridotte dalla Direttiva 2022/542/UE che ha inserito nell’allegato III della direttiva Iva (dir. 2006/112/CE) al punto 26 una previsione specifica per introdurre aliquote ridotte per la cessione di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato.
Quindi sul settore manca solo l’intervento del legislatore nazionale avendo ottenuto da Bruxelles un via libera all’introduzione di specifiche aliquote ridotte.
Ma quale è l’attuale livello di tassazione Iva che accompagna ogni transazione di opere d’arte. Un primo livello di tassazione lo abbiamo per le operazioni di importazione delle opere d’arte nell’Unione. In particolare, il legislatore unionale ha previsto, proprio per non disincentivare l’ingresso di oggetti d’arte in Europa una tassazione pari a zero per i dazi (ad esempio tale esenzione riguarda i beni della voce di nomenclatura combinata 9701 “quadri, pitture e disegni eseguiti interamente a mano”). Al contrario, in materia Iva ha lasciato liberi gli Stati membri di introdurre una aliquota ridotta tra quelle esistenti nei singoli ordinamenti. L’Italia ha tradotto questa facoltà all’art. 39 del Dl 41/95 secondo cui a decorrere dal 1° aprile 1995 le importazioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione sono soggette all’aliquota ridotta del 10%.
Un secondo livello di tassazione riguarda le cessioni interne di oggetti d’arte. Per queste operazioni gli Stati membri possono prevedere delle aliquote ridotte. In Italia, in via generale, la cessione di opere d’arte è soggetta all’aliquota ordinaria del 22%. Fanno eccezione le cessioni effettuate direttamente dagli artisti o dai loro eredi o legatari che in base alla citata disposizione del Dl 41/95 sono assoggettate ad un’aliquota ridotta del 10%. Questo disallineamento è, in linea di principio giustificato dalla direttiva Iva, ma non tiene in alcun conto la distorsione che può provocare sul mercato interno e, in particolare, sulle cessioni delle gallerie e dei mercanti d’arte.
In alternativa, all’applicazione di esenzioni o aliquote ridotte il rivenditore-soggetto passivo d’imposta può, acquistando il bene da un privato o da un altro soggetto che non ha potuto detrarre l’imposta a monte applicare il regime del margine che consente di tassare la cessione solo sul differenziale tra il prezzo di cessione e il prezzo di acquisto al lordo dell’Iva ovvero delle spese sostenute per il bene oggetto della vendita. Si immagini il caso in cui l’acquirente soggetto passivo d’imposta provveda a restaurare il quadro prima di rimetterlo in vendita. In questa situazione la base imponibile sarà determinata sottraendo dal valore di cessione tutti i costi sostenuti per l’acquisto e il restauro del bene al lordo di Iva.
Anche questo regime, però, non è in grado di escludere tutte le possibili distorsioni derivanti dall’applicazione dell’Iva allo specifico settore.
Dunque, adesso, la parola passa al legislatore delegato che, volendo dare attuazione alla delega e rispettando in pieno le rigide regole della direttiva Iva avrebbe veramente la possibilità di ridurre l’aliquota all’importazione ed estenderla non solo alle cessioni dirette degli artisti, ma anche alle cessioni effettuate dalle gallerie e dai mercanti d’arte. Certamente la scelta è onerosa, ma il risultato, in termini di equilibrio, nel mercato interno sarebbe ristabilito o forse ulteriormente avvantaggiato. Certamente un’aliquota del 5% potrebbe essere già un buon passo in avanti.
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