Violazioni doganali pre riforma con le vecchie sanzioni anche se più afflittive

Violazioni doganali pre riforma con le vecchie sanzioni anche se più afflittive

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Di Santacroce Benedetto, Lodoli Lorenzo

Per le violazioni doganali commesse prima dell’entrata in vigore della riforma restano applicabili i regimi sanzionatori previsti pro-tempore anche se più afflittivi. Tuttavia le posizioni espresse dalla Cassazione sulle deroghe al principio del favor rei sono contraddittorie e non convincono.  Sullo specifico tema è tornata l’agenzia delle Dogane e monopoli (Adm) con la circolare 3/D/2025 in cui prende in esame l’efficacia temporale dell’applicazione delle sanzioni amministrative doganali introdotte dal Dlgs 141/2024 in vigore dal 4 ottobre 2024.

In particolare, si chiarisce che alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto restano applicabili i regimi sanzionatori previsti a suo tempo dal Dpr 43/1973 (Tuld) e dal Dlgs 504/92: ciò, in osservanza del principio di irretroattività delle sanzioni introdotte dal medesimo Dlgs 141/2024 (ancorché più favorevoli) come confermato dalla pronuncia emessa dalla Cassazione con la sentenza 1274/2025. 

È necessario precisare infatti che a partire dal 4 ottobre 2024 è stato abrogato il Tuld, in quanto sostituto con il Dlgs 141/2024 recante le disposizioni nazionali complementari al codice doganale unionale (Dnc) e che, tra i vari interventi effettuati ed in ossequio ai principi della delega fiscale (legge 111/2023), sono state completamente riscritte le norme sanzionatorie sia amministrative che penali. 

La circolare fornisce chiarimenti in merito all’interpretazione e alla portata applicativa dell’articolo 7 comma 3, del Dlgs 141/2024 secondo cui «le sanzioni amministrative di cui all’allegato 1 e all’allegato 3 si applicano alle violazioni commesse a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto» escludendo pertanto la retroattività anche nei casi in cui le nuove disposizioni risultino più favorevoli. Il problema riguarda il fatto che le sanzioni introdotte con il decreto in esame sono, senza alcun dubbio, più favorevoli con la conseguenza che sancire l’efficacia delle stesse “ex nunc” potrebbe creare contrasti con il principio del favor rei stabilito dall’articolo 3 del Dlgs 472/97. 

Sul punto la circolare richiama l’intervento effettuato dalla Cassazione con la sentenza 1274/2025 che ha analizzato l’articolo 5 del Dlgs 87/2024, una norma analoga a quella doganale, e che riguarda il contesto della revisione del sistema sanzionatorio tributario.  Al riguardo i giudici di legittimità, pur riconoscendo che l’articolo 5 avrebbe introdotto una deroga al principio del favor rei, ne avrebbero riconosciuto la legittimità sul presupposto che «l’irretroattività disposta dal citato articolo 5 […] per le nuove sanzioni, complessivamente più favorevoli per il contribuente, si colloca in un contesto, interno ed esterno, che accompagna la rimeditazione dell’intero sistema sanzionatorio». 

La Corte afferma altresì che «una riforma del sistema tributario, nel quale la previsione di un minor carico sanzionatorio si relaziona ad una modifica radicale del rapporto Fisco/Contribuente…giustifica ampiamente un’irretroattività della nuova disciplina sanzionatoria, senza con ciò poter essere tacciata di violazione dei diritti presidiati dagli articoli 3 e 53 della Costituzione». 

La Cassazione peraltro, con la pronuncia in questione, ha altresì affermato che la deroga al principio del favor rei in ambito sanzionatorio amministrativo tributario può essere giustificata da esigenze di gettito erariale e di tutela di altri interessi di paro rango costituzionale richiamando, sul punto, alcune decisioni prese sia a livello costituzionale che unionale (Corte costituzionale, sentenze 63/2019 e 10/2015; Cgue causa C-107/2023). 

Da ciò ne consegue, a livello doganale, che la riduzione delle sanzioni prevista dal Dlgs 141/2024 non produrrà effetti sugli atti già emessi, anche se non definitivi ed oggetto di contenzioso, derogando, in tal modo, al principio sancito dall’articolo 3, comma 3, del Dlgs 472/1997 il quale, in relazione ai casi di introduzione di una sanzione più mite per una fattispecie che rimane comunque punibile, statuisce che «se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo».

Il precetto normativo trova la sua base giuridica negli articoli 3 e 25 della Costituzione, secondo i quali tutti i cittadini sono eguali davanti la legge e identiche situazioni giuridiche soggettive necessitano essere disciplinate secondo il medesimo modo. 

Una soluzione come quella sostenuta dalla Cassazione con riguarda all’articolo 5 del Dlgs 87/2024 e mutuata dalle Dogane con riguardo all’articolo 7 comma 3 del Dlgs 141/2024 potrebbe portare a profili di frizione anche con l’articolo 7 della Cedu e con l’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e alla conseguente incostituzionalità per contrasto con l’articolo 117 della Costituzione. Si tratta infatti di norma di carattere sovranazionale, a cui la Corte costituzionale ha assegnato il rango di fonti interposte, che contemplano chiaramente il principio di retroattività della lex mitior.

Ricordiamo infatti che a livello sovranazionale la qualificazione di una sanzione come penale non corrisponde al nomen adottato dai singoli legislatori nazionali, dovendosi invece fare riferimento ai criteri individuati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (si veda Cedu, Engel e altri contro Paesi Bassi, 8 giugno 1978) e che non pongono dubbi sulla natura sostanzialmente penale delle sanzioni tributarie e doganali. 

Sul punto infine si richiama un’altra e più recente sentenza 2951/2025 della Cassazione, in cui la Corte, in tema di retroattività della riforma delle sanzioni tributarie (quindi con riguardo all’articolo 5 del Dlgs 84/2024), ha invece riconosciuto, rinviando al giudice di merito, la possibilità di valutare la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5 del decreto in questione che limita l’applicazione delle sanzioni tributarie più favorevoli solo alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024. 

Considerando queste pronunce della Corte non chiare e i precetti sovranazionali si ritiene opportuno, per chiunque riceva un atto sanzionatorio con l’applicazione della sanzione pro-tempore (e se fosse meno favorevole a quella prevista per il medesimo comportamento dal Dlgs 141/2024) chiedere in giudizio, in subordine alla disapplicazione e all’annullamento dell’atto, in ossequio al principio del favor rei l’applicazione delle sanzioni più miti così come previste dal nuovo decreto.

Studio Santacroce & Partners


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