Il rally dei dazi per le importazioni negli Stati Uniti che prosegue nella sua folle corsa, con l’annuncio di tariffe al 104% nei confronti della Cina, è cominciato già dal 12 marzo scorso per acciaio e alluminio, dal 3 aprile per le automobili (con deroga dal 3 maggio per le parti di automobili), dal 5 aprile per tutti i beni restanti (con alcune eccezioni) con un aliquota unica del 10% per tutte le giurisdizioni (ad esclusione, per esempio, dei prodotti soggetti all’Usmca: accordo Usa, Messico e Canada) e con un’aggiunta da oggi 9 aprile con aliquote predefinite e distinte per 57 tra Paesi e aggregazioni di Paesi indicati nell’allegato 1 dell’ordine esecutivo del Liberation day. A dire il vero gli ordini esecutivi e i proclami del Presidente Usa Donald Trump che hanno annunciato i relativi aumenti non hanno brillato certamente per chiarezza e precisione sotto il profilo della tecnica doganale e attendono le conferme che arriveranno dall’autorità preposta della Custom border protection.
Proprio per questo riteniamo necessario, all’alba dell’introduzione dei dazi reciproci dedicati all’Unione europea di definire meglio il percorso e le regole che si ritengono applicabili ai diversi aumenti tariffari, sempre tenendo a mente le possibili vie a disposizione per ridurre l’impatto.
1. I dazi aggiuntivi - La somma con altre tassazioni
Sulla base di considerazioni di natura diversa (sicurezza pubblica ovvero rispetto di un non meglio definito principio di reciprocità) gli Stati Uniti hanno deciso unilateralmente di introdurre dazi aggiuntivi in misura differenziata per beni e per Paesi coinvolti. L’applicazione di dazi aggiuntivi comporta che gli stessi nella misura prefissata dai singoli ordini esecutivi e proclami si applicano in aggiunta dei dazi applicabili in via ordinaria ai prodotti oggetto di importazione. In via generale questo comporta che i dazi aggiuntivi si sommano, ad esempio, ai dazi generali previsti dalla tariffa armonizzata degli Stati Uniti (Htsus: Harmonised tariff schedule of the Usa) ovvero dalla clausola della nazione più favorita (Mfn: Most favoured nation). Inoltre, questi dazi aggiuntivi saranno sommati a qualsiasi altra tassa applicabile ai singoli beni importati.
2. La data di riferimento - La mezzanotte dell'ora solare Usa
Ulteriore aspetto da considerare è la definizione della data e dell’ora di riferimento che accompagna ogni introduzione dei dazi aggiuntivi. Tutti i proclami e gli ordini esecutivi fanno espressamente riferimento a una data precisa e all’orario che è fissato alle 00:01 (mezzanotte) dell’ora solare orientale (Usa) corrispondente alle ore 06:01 italiane dello stesso giorno. Inoltre, per l’applicazione dei dazi aggiuntivi bisogna far riferimento alle merci immesse per il consumo o estratte dal deposito per l’immissione in consumo rispettivamente all’orario e alla data indicata dai singoli ordini esecutivi o proclami, ad eccezione delle merci caricate su una nave al porto di carico e in transito finale prima di tali date e orari (indicando in dichiarazione doganale l’apposito codice di esenzione).
3. I meccanismi - Le reciprocità del prelievo
Considerate le regole sopra individuate vediamo come sono stati disegnati fino ad oggi i dazi aggiuntivi introdotti dall’amministrazione americana. La prima categoria che consideriamo è quella dei «dazi reciproci». Questi dazi sono stati definiti in base a un rapporto di bilanciamento tra le importazioni e le esportazioni realizzate nei singoli Paesi. In effetti questi dazi vengono introdotti in due fasi: la prima è stata introdotta al 5 aprile ed è stata fissata per tutti i beni e tutte le giurisdizioni (ad esclusione, tra l’altro, dei prodotti oggetto dell’accordo Usmca (Usa, Messico e Canada) nella misura di dazio aggiuntivo del 10%; la seconda fase sarà introdotta oggi mercoledì 9 aprile e sarà applicata a 57 tra Paesi e raggruppamenti di Paesi con aliquote specifiche previste per ciascuna giurisdizione. Per l’Unione europea l’aliquota è del 20 per cento. Questa aliquota assorbe quella del 10% e si somma ai dazi ordinariamente applicati. Quindi, ad esempio, se l’aliquota Mfn è del 3% al 5 aprile questa aliquota è stata aumentata del 10% e sarà pari al 13%; al 9 di aprile l’aliquota del 3% viene aumentata del 20% e sarà pari al 23 per cento. In modo analogo opereranno i dazi specifici previsti per prodotti determinati per i quali non operano le aliquote del Liberation day. Si pensi al 25% per alluminio e acciaio, già in vigore dal 12 marzo 2025 o il 25% applicato alle automobili in vigore dal 3 aprile o ancora il 25% delle parti di automobili in vigore il 3 maggio.
4. L'Origine - Parti made in Usa salve se raggiungono il 20%
Dalla lettura dei vari ordini esecutivi o proclami, alcune riflessioni si impongono per comprendere la logica sottesa all’applicazione delle nuove misure tariffarie, in particolare per le merci di cui al Liberation day. La riflessione che richiede uno sforzo di attenzione aggiuntivo riguarda sostanzialmente il ricorso, per l’identificazione dei beni soggetti ai nuovi dazi, alla nota definizione di «origine non preferenziale» di un bene, rispetto alla nozione - più volte (e da più parti) citata - di provenienza geografica. Innanzitutto, nell’ordine esecutivo del 2 aprile (Liberation day), in particolare nella section 3 dedicata all’implementation, alla lettera a) è stabilito che a partire dal 5 aprile a tutti gli articoli importati nel territorio doganale degli Stati Uniti sarà indistintamente applicata un’aliquota aggiuntiva di dazio ad valorem del 10 per cento. Oltre a definire il dies a quo, la locuzione sopra riportata sembra appositamente emarginare il concetto di «origine» normalmente utilizzato per “colpire” i beni importati; si fa un piuttosto generico riferimento a un’aliquota che colpisce un bene importato negli Stati Uniti per essere ivi immesso in consumo. La riflessione si allarga e prende forma con l’analisi del capoverso successivo, stessa lettera, con il quale viene stabilito che a partire dal 9 aprile, tutti gli articoli dei partners commerciali individuati nell’allegato I saranno colpiti dai dazi ad valorem «specifici per Paese », individuando successivamente una metodologia di esclusione dall’applicazione del nuovo dazio così proclamato per la componente (eventualmente) made in Usa del bene oggetto di importazione, a patto che il valore di tali componenti raggiunga almeno il 20% del valore totale del bene. Il richiamo al made in Usa per tale (quota di) valore lascerebbe cadere l’ipotesi di un intenzionale utilizzo del termine provenienza nel linguaggio dell’ordine esecutivo (articles from trading partners), riconducendo il concetto nell’alveo della più idonea origine non preferenziale.
5. Gli Spostamenti - Il trasferimento dei beni non è influente
Va detto, però, che la costruzione dell’intera catena di nuove aliquote in effetti deriva da una misurazione statistica della bilancia commerciale Usa con i vari trading partners, pertanto nel rally dei dazi potrebbe in effetti persistere ancora un dubbio circa il ricorso alla provenienza, che viene sostanzialmente meno nel momento in cui dobbiamo applicare i dazi per Paese. In questo caso, infatti, risulta chiaro che un mero spostamento del bene da una giurisdizione a un’altra non è sufficiente a modificare il dazio. Si immagini un bene di origine non preferenziale Italiano che venga spostato in Uk dopo il 9 aprile 2025 e venga da lì imbarcato per gli Stati Uniti, il bene sarà soggetto al dazio del 20% più i dazi ordinari e non del 10% come invece avverrebbe per un bene d’origine non preferenziale Uk.
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