Con due mosse il Governo prova a recepire la sentenza della Corte costituzionale (93/2025) che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 70 del Dpr 633/72 in materia di confisca. L’intervento del Governo propone, a meno di un mese dall’approvazione del correttivo, un ulteriore schema di modifica della riforma doganale prevista dal Dlgs 141/2024 (integrato dal Dlgs 81/2025) che sembrerebbe non essere totalmente allineato con quanto stabilito dalla Consulta. In particolare, gli interventi proposti riguardano rispettivamente l’ipotesi di confisca in caso di estinzione del reato di contrabbando, di cui all’articolo 112 comma 1 del Dlgs 141/2024, e l’ipotesi di riscatto del bene, di cui all’articolo 118 comma 8 dello stesso decreto.
Per la prima misura la modifica, auspicata da Confindustria e richiesta nelle stesse osservazioni del Parlamento al Dlgs 81/2025, determina che la confisca non possa essere applicata (a differenza di quanto attualmente stabilito dall’articolo 112, comma 1) nel caso in cui l’operatore, nei confronti del quale sia stata accertata un’ipotesi di contrabbando punito con la sola multa, decida di estinguere il reato con il pagamento dei diritti evasi, delle sanzioni e degli interessi.
Per la seconda misura, le scelte del governo presentano qualche profilo di criticità. In effetti, il nuovo articolo 118, comma 8 delle Dnc, come stabilito nello schema governativo, prevede, in materia di confisca amministrativa:
nel caso di merci oggetto di sequestro, ma non ancora confiscate, in conformità al principio espresso dalla Consulta, la possibilità per il trasgressore di evitare l’applicazione della confisca delle merci attraverso il pagamento dei diritti, degli interessi, delle sanzioni e delle spese di gestione;
al contrario, in caso in cui i beni siano non solo sequestrati ma già oggetto di confisca, che il riscatto degli stessi avvenga con il pagamento, oltre che dei diritti, delle sanzioni, degli interessi e delle spese di gestione, anche del valore dei beni confiscati. Proprio questa seconda scelta presenta, come anticipato, profili di criticità.
1. In primo luogo, sembrerebbe far sopravvivere la sproporzione, condannata dalla Consulta, del cumulo delle misure sanzionatorie nel momento in cui obbliga il contribuente che si è visto confiscare le merci al pagamento non solo dei diritti, interessi, sanzioni e spese accessorie, ma anche al pagamento (attraverso il riscatto) dei beni confiscati.
2. In secondo luogo, tale disposizione risulta difficilmente compatibile con il principio di uguaglianza previsto dall’articolo 3 della Costituzione, non solo sul piano della proporzionalità, ma anche sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento tra le ipotesi in cui il pagamento intervenga prima della confisca e quelle in cui intervenga successivamente.
Inoltre, da un punto di vista strettamente doganale, la scelta operata dal Governo non si presenta in linea, come sottolineato anche dalla stessa Consulta, con l’articolo 124 del Cdu che prevede, tra le cause di estinzione dell’obbligazione, proprio la confisca delle merci. Se dunque il Codice unionale contempla la possibilità di vedere estinta l’obbligazione attraverso l’ablazione delle merci (incamerando tra l’altro un importo ben più elevato di quello che verrebbe corrisposto, proporzionalmente, con il pagamento di diritti, sanzioni, interessi e spese), proprio non si comprende la motivazione della scelta legislativa nazionale.
Per tornare alla sezione articoli