Acquisti promiscui e codici tributo

Acquisti promiscui e codici tributo

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Con la pubblicazione dei codici tributo, avvenuta ieri con la risoluzione 15/E dell’Agenzia dell Entrate, le regole sullo split payment sono complete, anche se per i versamenti qualche dubbio sussiste per il trattamento degli acquisti promiscui (vale a dire quegli acquisti effettuati dall’ente in parte per finalità commerciali in parte per finalità istituzionale). I nuovi codici (“620E” per l’F24 enti pubblici e “6040” per l’F24 normale) devono essere utilizzati dai cessionari/committenti pubblici per versare l’Iva esposta nelle fatture emesse in forza dell’art. 17-ter del Dpr 633/72 dai propri fornitori nell’ambito della sola attività istituzionale. In effetti, le modalità previste dall’art. 4 del Dm 23 gennaio 2015 prevedono che l’ente pubblico in via ordinaria debba versare l’Iva addebitata in fattura direttamente all’erario senza alcuna possibilità di compensazione.

L’art. 5 dello stesso Decreto detta, però, un diverso meccanismo di gestione e versamento dell’Iva da split payment per gli enti pubblici che sono soggetti passivi Iva e dunque titolari di identificativo Iva. In particolare, ai sensi dell’art. 4 del Dpr 633/72, talune attività svolte dagli enti pubblici configurano esercizio di attività commerciali ed assumono rilevanza ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto. L’Iva esposta nelle fatture ricevute per acquisti di beni e servizi inerenti le predette attività commerciali deve essere gestita all’interno delle liquidazioni periodiche Iva: mediante annotazione delle fatture ricevute anche sul registro delle vendite, l’Iva acquisti esigibile concorre a generare il debito verso l’Erario unitamente alla restante Iva esposta sulle fatture emesse dall’ente pubblico medesimo. Non si ha dunque un versamento specifico dell’Iva da split payment e non rilevano conseguentemente i codici tributo di nuova istituzione. Il monitoraggio dei versamenti avverrà, con ogni probabilità, mediante introduzione di apposito rigo all’interno del quadro VJ della dichiarazione annuale Iva.

In tale contesto generale, si pone il problema della corretta gestione dell’Iva da split payment per gli acquisti di beni e servizi destinati promiscuamente allo svolgimento di attività commerciali e di attività non commerciali ai fini Iva (cosiddette “attività istituzionali”). Si ritiene che possa trovare applicazione la regola di cui all’art. 5 del DM 23.01.15 con riferimento all’intera Iva esposta in fattura, poiché comunque l’ente sta operando quale soggetto passivo Iva. Di fatto, l’Iva confluisce interamente nel debito del mese di liquidazione; il diritto alla detrazione, invece, viene esercitato dall’ente limitatamente alla quota imputata all’esercizio dell’attività commerciale. Occorre inoltre riflettere sul fatto che spesso la quota imputabile all’attività commerciale viene determinata dall’ente pubblico solo a chiusura del periodo d’imposta, mentre in corso d’anno l’imputazione è solo provvisoriamente operata. Ciò rende pressochè inapplicabile l’ipotesi di una diversa interpretazione delle modalità di gestione dello split payment, consistente nel dividere ciascuna fattura per versare all’Erario, secondo le regole dell’art. 4 del DM 23.1.15 e con i nuovi codici, l’Iva afferente la parte “istituzionale” della fattura. Una conferma ufficiale in tal senso da parte dell’Agenzia delle Entrate sarebbe però assai opportuna, onde evitare che una diversa interpretazione possa configurare violazione delle disposizioni in tema di versamento.

Paolo Parodi

Benedetto Santacroce

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